Soul è l'ultimo capolavoro Disney, quest'anno uscito in esclusiva solo su Disney plus vista la chiusura dei cinema.
Ci sono molti spunti degni di nota in questo film, ma ciò di cui vorrei parlare è la cosiddetta scintilla che il protagonista Joe Gardner prova suonando il pianoforte. La stessa scintilla che 22, un'anima non ancora venuta al mondo, non riesce proprio trovare..
Guardando il film e osservando come Joe si perda nella sua musica mentre suona, raggiungendo uno stato di estasi in cui corpo ed anima si uniscono, mi è venuta in mente la Flow Theory che avevo studiato anni fa all'università, vediamo di cosa si tratta.
Csikszentmihalyi (nome impegnativo, difficile da dimenticare), nell'ormai lontano 1975 ha incominciato a teorizzare il concetto di flow, ovvero quello stato di completa immersione nel compito in cui si perde il senso del tempo, ci si sente in completo controllo, si è tutt'uno con il contesto ( ad esempio un nuotatore che all'apice della prestazione si sente tutt'uno con l'acqua, con il suo movimento), ci si sente intrinsecamente motivati nell'attività.
Pensiamo all'artista che preso dalla realizzazione del suo quadro continua la sua opera completamente immerso, pensiamo allo sportivo che si cimenta in una sfida impegnativa, ma che si sente in totale armonia con ciò che sta facendo. Lo stato di flow è un'esperienza estremamente gratificante che ha delle caratteristiche ben precise (bilanciamento tra sfida e abilità: senso che l’individuo si sta impegnando in qualcosa di appropriato per le proprie capacità; fusione tra azione e consapevolezza; senso di controllo, sia delle proprie azioni, sia delle conseguenze di esse; obiettivi prossimali chiari e feedback immediato che permettono lo svolgersi continuo del processo, momento per momento; attenzione e concentrazione totale sul compito; distorsione della normale percezione temporale, esperienza autotelica ovvero gratificante in se stessa da Nakamura e Csikszentmihalyi, 2002), la cosa che più colpisce è la "perdita dello stato di autocoscienza ordinario". L'attore è così assorbito nel compito che non si percepisce più in modo egocentrato, ma è appunto un tuttuno con l'attività. Nel film la bolla viene spiegata con un accezione spirituale, chi la sperimenta si ritrova in un altro mondo.
La teoria del flow ha trovato applicazione in campo lavorativo, sportivo e motivazionale: è evidente che ritrovandosi nel flow le persone diventano estremamente gratificate, creative e produttive.
Interessante anche l'applicazione della teoria del flow nel campo del GAME DESIGN.
I vedeogiochi più avvincenti sono studiati per far sperimentare al giocatore l'esperienza del flow: il giocatore deve sentirsi bravo, efficace e competente nell' affrontare sfide sufficientemente difficili. Sperimentando questo egli può immergersi completamente e muoversi in uno stato ottimale di gratificazione. In pratica ciò che il Game designer deve evitare è che il giocatore si annoi o sia eccessivamente in ansia e sono proprio questi gli stati emotivi limite all' interno dei quali si colloca lo stato del flow: n'è nella noia di una sfida troppo facile, né nell' ansia di una troppo al di sopra delle possibilità, ma tra le due, nell' autoefficacia.
Ma questa continua ricerca di assorbimento nel compito, di esperienza ottimale avrá dei costi?
Il primo che viene in mente è la nostra incapacità a stare nella noia, nella frustrazione.
In particolare sembra esserci il terrore di stare in queste emozioni, soprattutto da parte degli adolescenti e giovani adulti. D'altronde la tecnologia viene spesso utilizzata per non sperimentarle: appena ci troviamo in un momento di attesa o vuoto abbiamo subito la necessità di riempirlo prendendo in mano il cellulare e dedicandoci allo scrolling. Ma queste emozioni avranno pure una loro utilità..
E se questo assorbimento diventasse uno dei pochi modi per costringerci ad agganciare la nostra attenzione?
D'altronde noia e frustrazione sono emozioni importanti da sapere gestire: nella noia facciamo spazio ai nostri pensieri, diamo modo alla nostra creatività di far emergere stimoli. La frustrazione non è mai evitabile e in essa mettiamo in gioco le nostre capacità di problem solving. Nell'attesa facciamo crescere il desiderio, motore della vita.
Nel film Soul è interessante come vengono rappresentati coloro i quali trasformano la propria scintilla in ossessione: diventano esseri scuri, angosciati e ripiegati su se stessi.
Forse la scintilla è importante, ma ciò che arricchisce davvero le nostre vite sono le relazioni.
Il film questo ce lo mostra: nel rapporto tra il professor Gardner e 22 ciascuno di loro trova nella relazione con l'altro le risposte che sta cercando. Joe comprende che il significato della vita sta nelle piccole cose e 22 trova il coraggio di affrontare il suo senso di inadeguatezza che la fa essere spesso cinica e sfiduciata.
Le passioni, l'essere completamente assorbiti nelle proprie scintille può essere lo scopo della vita o lo scopo della vita è la vita stessa? Fatta di relazioni e di rapporto tra io e l' altro?
Oppure, ancora, le proprie scintille hanno un senso se ci aprono al mondo e non se ci rinchiudono all'altro?
Quante domande e quanti significati in un film che sicuramente non è "solo un film per bambini". O forse questa è la sua forza.
Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2015/11/flow-experience-prestazione-perfetilil
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