Ci sono esperimenti nella storia della psicologia che sono
diventati celebri e che oggi per ragioni etiche non sarebbero ripetibili. Uno di
questi è l’esperimento di Harlow che per testare le teorie di Bowlby sull’attaccamento
aveva separato i macachi cuccioli dalle loro madri. Egli aveva osservato il loro
comportamento in isolamento in compagnia di un biberon che erogava latte e/o di
una mamma-pupazzo che non dava nutrimento, ma simulava la possibilità di ricevere
“calore emotivo”. I risultati indicarono come i cuccioli preferissero passare
il tempo attaccati alla mamma pupazzo piuttosto che attaccati al biberon.
Morale: abbiamo bisogno di relazione per sopravvivere.
Questo filone di studi si è concentrato anche sui comportamenti
che tendevano a manifestare i macachi in isolamento.
I comportamenti anomali rientravano nelle seguenti aree:
·
MOVIMENTI STEREOTIPATI: ondeggiare, girare
intorno, movimenti ritmici grosso-motori..
·
COMPORAMENTI SOCIALI ANOMALI: paura, ritiro,
mancanza di gioco, apatia e indifferenza verso stimoli esterni, carenze comunicative
e aggressività
·
COMPORTAMENTI ANOMALI DIRETTI AL SE’ :
fissazioni orali, autolesionismo, autoerotismo
·
COMPORTAMENTI RIPRODUTTIVI ANOMALI
·
COMPORTAMENTI MATERNI ANOMALI: da adulte le
madri si disinteressano dei cuccioli o diventano abusanti nei loro confronti
La deprivazione sociale porta a sviluppare tutta una serie
di conseguenze durature nel comportamento sociale, emotivo e non solo.
Certo ciò che hanno vissuto questi macachi è molto diverso
da ciò che viviamo noi oggi in quarantena. La loro deprivazione è stata una
deprivazione dal legame primario, quello con la madre.
Oggi i nostri cuccioli non solo non sono stati deprivati dal
legame primario, ma anzi hanno spesso avuto l’occasione di passare con i
genitori molto più tempo di quello che generalmente passano nel quotidiano. Credo
che di questo dovremo farne tutti tesoro, non solo come un ricordo che ha reso
questa esperienza più lieve, ma anche per fare scelte diverse.
Tuttavia è indubbio che una sorta di deprivazione sociale la
stiamo sperimentando tutti. Possiamo in parte rivederci nei comportamenti dei
macachi deprivati: in casa a vagare nel nulla, ripiegarci su noi stessi, sul
nostro corpo, a volte nervosi, a volte apatici a disabituarci a relazionarci
con l’altro.
Credo che questa disabitudine possa essere il principale
rischio: come i macachi che perdono interesse a relazionarsi con l’altro anche
noi potremmo tutto sommato abituarci a questo isolamento?
La relazione d’altra parte è impegnativa, richiede impegno,
energie, responsabilità, capacità di negoziare, ascolto, comprensione, il
mettersi in gioco, fatica, fatica e ancora fatica.
Ma è anche bella, stimolante, arricchente. La relazione è
vita.
Uscire dalla zona di confort che tutto sommato ci siamo
creati sarà la prossima sfida.
Un’altra riflessione che mi viene da fare è come i giovani stiano
riuscendo a superare questa esperienza senza contraccolpi evidenti. Questo
almeno è ciò che mi pare di cogliere.
Questo ci stupisce: come mai coloro che più di tutti in
questa fase traggono energia vitale dalle relazioni al di fuori del contesto
familiare oggi non scalpitano (almeno non come ci aspetteremmo) a stare chiusi
in casa?
Forse sono più abituati a mantenere e coltivare i contatti al
di là delle distanze fisiche grazie alla virtualità che conoscono meglio di
tutti.
O forse questa virtualità li ha abituati e in parte già
disinteressati ai contatti umani veri relegandoli in quell'esperienza buia che
sta diventano la nuova emergenza giovanile, ovvero l’isolamento sociale?
Forse questa quarantena ci avrà dato la possibilità di avvicinarci
un po’ al loro mondo.