venerdì 1 novembre 2019


TIKTOK, KEVIN E I PERICOLI DELLA RETE

Mi è capitato spesso ultimamente di sentire genitori preoccupati per “nuove” APP usate dai figli in rete, tra le quali la celeberrima Tiktok di cui non si fa  che parlare..
Ho chiesto ai ragazzi di spiegarmi cosa fosse, chi meglio di loro può avere le conoscenze necessarie per farmi capire di cosa stiamo parlando?! Mi dicono: “ Tu metti una canzone, poi ci canti sopra e puoi mettere tanti effetti, poi la gente commenta..”. Nella mia mente si accende la mitica scena di Kevin (di Mamma ho perso l’aereo) che, finalmente a casa da solo, si mette davanti allo specchio e con tutte le faccine e mosse di cui solo lui è capace canta una canzone natalizia.. Insieme a Kevin mi vengono in mente tanti altri che presi da un momento di intima stupideira si mettono davanti allo specchio con una spazzola-microfono e fingono almeno per qualche minuto di sembrare ciò che avrebbero voluto o vorrebbero essere, dando sfogo alla propria vanità. Quest’ultimo è un bisogno legittimo, fisiologico e sano in adolescenza, si diceva fino a poco tempo fa che l’adolescente nel suo affacciarsi al mondo finge di essere davanti ad un pubblico immaginario che lo giudica, lo apprezza, lo osanna oppure lo critica, lo denigra, lo fa sentire inadeguato. Sottolineo “fino a poco tempo fa” in quanto ultimamente questo pubblico più che "immaginario"è  diventato virtuale il che complica di non poco le cose. L’adolescente (e il preadolescente che oggi è sempre più giovane) non può essere egocentrico e vanitoso come è giusto che sia nella sua intimità, ma può esporsi in modo più o meno pericoloso ad un pubblico reale che è quello della rete, ma che per le sue caratteristiche (è altrove, non si vede in faccia, è lontano) può essere scambiato per un pubblico immaginario. Quando i ragazzi sottostimano i pericoli a cui potrebbero esporsi con certe immagini di sé in rete oppure minimizzano i significati di queste immagini io chiedo loro di immaginare se farebbero le stesse cose su un palco con gli occhi addosso dei propri genitori, dei loro professori dei propri parenti… Quando sono sinceri rispondono di no… Eppure in rete si espongono in modo esponenzialmente maggiore, ma non hanno la percezione di farlo. D'altronde sono gli stessi ragazzi che vanno in giro con il cappuccio tirato sulla testa, la testa bassa sullo schermo, che faticano a sostenere uno sguardo prolungato sull'autobus, in ascensore, anche a tavola con i propri amici a volte. Sono gli stessi ragazzi che hanno migliaia di follower, ma se devono andare in un negozio e parlare con il commesso ci mandano la mamma (che ci va pure…).
Tutto questo per dire che sono rimasta molto colpita da quanto successo in quella scuola di Modena: un padre si è reso conto che il figlio era stato contattato da un pedofilo proprio sull'app Tiktok. Fortunatamente è intervenuto per tempo e ha avvertito gli altri. Siccome viviamo tutti nell'epoca delle connessioni virtuali presto questi “altri” non sono stati solo i genitori dei compagni, ma anche NOI. La notizia ha scosso le coscienze, tanti gli interrogativi, tante le riflessioni e come sempre tante anche le paure. La paura può essere un’emozione che se mal gestita ci porta alla paranoia, alla sfiducia e all’iperprotezione: tutti aspetti che ben conosciamo se ci guardiamo intorno; ma la paura è anche un’emozione sana, ci tiene lontano dai pericoli, ci mette in guardia e ci fa pensare a quali precauzioni possiamo prendere per affrontare meglio le situazioni.
Penso che dobbiamo cogliere le opportunità che queste situazioni ci danno, facciamoci delle domande: “Quali strumenti sto dando in mano ai miei figli? Ha le mappe giuste per muoversi in questi universi virtuali? Ho un rapporto tale con mio figlio che gli consente di venirmi a chiamare se è in pericolo o si è messo nei guai? Ho fatto prevenzione spiegando a mio figlio quali sono i comportamenti appropriati dell’adulto nei suoi riguardi e quali invece non lo sono?”
Facciamoci delle domande...Spesso le domande sono più importanti delle risposte.

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